Per il verso del pelo - Pagina 2

C’è, nel fluire delle pagine della Vasile, anche una diversa proposta letteraria, per l’intercalare di una diversa forma di scrittura, quella informatica, che qui assume piena dignità di scrittura, rivalutando cio’ che altrimenti potrebbe essere arido e convenzionale, nel basic inglish dell’esporre, e diviene invece evento di efficacissima presa, nella contestualità del tecnicismo vinto –senza dubbio alcuno- dalla capacità espressiva che nasce dal piu’ intenso e appassionato “io” narrante. Raccontare, in questo breve “antefatto” del libro, la successione del racconto, significherebbe darne un’esemplificazione certo riduttiva e fuorviante. Perché le parole, giocate in un simbolismo allusivo e spesso composte in “quadri” d’intenso cromatismo, appaiono piu’ come totem galleggianti nello struggente messaggio poetico dell’autrice che non una costruzione di ordinario eloquio inteso come forma di comunicazione. Potremmo dire, cioè, che la Vasile mette insieme pagine di narrativa che si spezzano in singulte formule propositive la cui ricomposizione consente una “seconda” lettura, diversa rispetto a quella piu’ immediata, ma soltanto a chi riesca a trovarne la chiave, intuendone l’assunto, piu’ criptico, che la personalità complessa dell’autrice pone come presa di coscienza, di se stessa e altrui. Insomma: una “proposta letteraria”, questa, nella quale s’intersecano elementi diversi, di grande affabulazione, in quel dire e non dire tratteggiato ora di poetiche interpretazioni, ora di sofferti “strappi” del passato, del presente e d’immaginate speranze. Sembrerebbe quasi che questo libro sia una sorta di “messaggio in una bottiglia” affidato alle onde complici dell’oceano dopo un naufragio su un’isola nella quale la solitudine è compagna ineludibile, si, ma anche scelta e provocazione. Trovare quella bottiglia, aprirla senza danneggiarne il contenuto, srotolare quel messaggio alla luce tenue di un giorno che declina o nello scolpire bruciante di un sole sulla sabbia, per decifrarne il “grido” sbiadito di lacrime non è facile, né da tutti.
E forse è proprio questa, alla fine, la ragione di uno scrivere.

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